Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi. Noi no. Donate all'UNRWA.

venerdì 29 novembre 2002

Raindrops keep falling on my town

Sarà anche il miglior bar dell'anno 2002 (e complimenti), ma se domenica pomeriggio verso le quattro hai voglia di un panino, non ce l'hanno. Almeno, sul banco non ce n'erano, e io in certi posti a chiedere mi vergogno.

Ero ancora scioccato dal fatto che sulla Let's go Italy di Monica fosse segnalata La Vecchia Scarpa, che in pratica è il minimo sindacale della vita notturna modenese. Se esci con una tipa e hai deciso di portarla in un posto suggestivo, quando arrivi davanti al portone scopri che è chiuso, (per ferie, per lutto, per cambio gestione). Allora stringi i denti e la porti alla Vecchia Scarpa, sperando non faccia caso ai peli del petto del cameriere scamiciato (sempre più grigi e radi, ormai), ai quadri alle pareti che gridano vendetta al cospetto d'Iddio, ai Deep Purple ad alto volume che non conciliano le confidenze. – Oh, adesso che ci penso ci abbiamo portato anche Franco.

"Ma la Let's go è affidabile, hai visto quest'estate".
"Dunque in Spagna siamo andati in posti che sono l'equivalente della Vecchia Scarpa?"
"A te piacevano, però".
"Ma che ne so, ero accecato dalla fame…"

Dovrei chiedere a Enzo.
"Enzo, ti ricordi quest'estate?"
"Questa cosa?"
Sì, vabbè.

Potrei continuare a parlarne male, della mia città, ma piove da giorni, perché infierire? Foglie marce nei tombini, e un'antica vocazione a fare da palude. Però intanto intorno tutta la Padania è allagata e lei no: come mai? Intelligente gestione del territorio dal dopoguerra in poi o semplice Botta di C u l o? Scegliete voi. Io oggi ho fatto un blob of the blogs dedicato alla mia città, che secondo me somiglia più alla Vecchia Scarpa che al caffè dell'orologio: un postaccio, tutto sommato, ma non ti lascia a piedi quasi mai. Un saluto a tutti i citati e a tutti quelli che ho dimenticato (e scusate). Alla prossima. E buon derby, domenica.

giovedì 28 novembre 2002

Segni del tempo. (Un omaggio al Riformista, più o meno dieci anni dopo).

Sign O the Times
mess with your mind
Hurry before it's 2 late...


Sto ascoltando Are you experienced?, come oggi prescrive Polaroid, e intanto penso: però è una cosa strana, la nostalgia. Non sempre ha a che vedere coi ricordi. A volte è pura fantasia, è un universo parallelo che ci costruiamo coi ricordi degli altri. E non serve aver vissuto in un periodo per rimpiangerlo, anzi.

E poi è strano come certi periodi siano familiari a tutti e altri no. Tra un revival e l'altro ci sono zone d'ombra che nessuno ancora ha iniziato a rimpiangere. Prima o poi torneranno di moda – tutto torna di moda – ma nel frattempo a me piacciono così, accessibili e poco frequentate.

Quella manciata d'anni tra Ottanta e Novanta, per esempio, mentre veniva giù la cortina di ferro e Andreotti regnava, assai meno popolare allora di quanto non sia diventato dopo tangentopoli e un paio di processi per mafia. Vi ricordate? No, non vi ricordate, è un'epoca sbiadita, se cercate un volto o un ritornello non vi viene in mente niente. A furia di rievocare il Boom, il Sessantotto, gli anni di piombo, i favolosi Ottanta, abbiamo cancellato dalla memoria cache il passato più recente. Poco male, sarà divertente re-installarlo tra qualche anno, e giocarci.

Tutti i ricordi che ho di quegli anni sono per sottrazione – per esempio, ricordo che Internet non c'era, eppure si viveva; i cellulari ispiravano un misto d'invidia e disapprovazione, e Andreotti li fece tassare; in tv non c'erano tutti quei talk show politici di adesso, eppure non ci sentivamo affatto disinformati: forse compravamo qualche giornale in più.
Ecco, questo me lo ricordo bene: nelle edicole c'erano ottimi quotidiani. Per esempio, c'era il Riformista di Polito, che poi non so che fine abbia fatto. Una pietra miliare.

Oggi forse è difficile rendersene conto, ma in tempi in cui la dialettica della sinistra consisteva in eterne schermaglie tra PCI e PSI, il "Riformista" ebbe il merito di proporre una terza via, qualcosa di veramente innovativo. In tempi in cui tutti, a destra e sinistra, facevano blanda professione di fede europeista, "il Riformista" fu il primo a criticare seriamente le politiche protezionistiche della Comunità Europea, specie in materia agricola. Peccato non aver conservato certi editoriali, scommetto che ci troverei in seme tutta l'ideologia noglobbal d'oggigiorno… E poi, la scelta tutt'altro scontata di puntare il futuro della sinistra su un giovane politico di buone speranze, D'Alema… Insomma, per certe cose, quel piccolo quotidiano di opinione era davvero dieci anni avanti.

Ma non era solo una questione di politica. "Il Riformista" è stato il primo quotidiano ad accorgersi della svolta generazionale di quegli anni. Fu il primo a far caso a un mondo giovanile che esplodeva: il mondo delle autogestioni, delle prime braghe grigioverdi, dei 99 Posse, (anche di Jovannotti, ahimè). Insomma, fu il primo quotidiano a prendere atto che i figli dei sessantottini stavano prendendo la patente.
Tutto questo dieci anni fa, più o meno. Poi ci sono state le imitazioni, e le imitazioni delle imitazioni, e dell'originale si sono perse le tracce.

Eppure a me capita sempre più spesso, in questi giorni di dibattito politico rovente, di pensare: chissà cosa ne penserebbe, oggi, "il Riformista". Sarebbe noglobbal o siglobbal? Darebbe addosso ai giudici o ai loro corruttori? Continuerebbe a sostenere il vecchio timoniere o lo affonderebbe senza pietà? Sono domande senza senso, lo so. Nessuna verità è valida in assoluto: l'importante è trovarsi nel momento giusto con le idee giuste. In quella manciata di anni tra Ottanta e Novanta, il Riformista aveva forse le idee migliori in circolazione. Probabilmente quelle stesse idee, su un quotidiano di oggi, le troveremmo patetiche. Ma è il destino del giornalismo, anche di quello buono, non durare che l'éspace d'un matin, lo spazio di un mattino.

Intanto il disco è finito. Are you experienced?, Jimi Hendrix, 1967. L'ho messo su perché oggi Hendrix avrebbe compiuto sessant'anni. Mio padre li ha compiuti in giugno. È buffo pensarci.
Mio padre non ha fatto il '68, stava mettendo su l'autofficina. Non mi pare che nutra molta nostalgia per quegli anni. Per lui i Beatles furono una meteora: fecero il botto nel '65 e quattro anni dopo si erano già sciolti. Non fece neanche in tempo ad affezionarsi. È strano pensare che i 99 Posse sono durati molto di più. È strana tutta questa storia della nostalgia, dei ricordi finti che sono più struggenti di quelli veri, del passato che possiamo modellare a nostro piacimento, tanto ci sfugge lo stesso. È strano, è curioso. Ma è anche tardi, adesso.

…Let's fall in love, get married, have a baby
We'll call him Nate
(if it's a boy)


Non perdetevi domani mattina (sì, giovedì 28 dicembre 2002) questo pezzo del Riformista:

Tra corsi di cucito e dibattiti sulla guerra nei licei va in scena l’autogestione
Amano il vestiario militare, leggono la biografia del Che, ascoltano Jovanotti e i 99 Posse: ecco i figli dei sessantottini, la nuova generazione di studenti italiani.
Viaggio nel mondo della scuola che si appresta ad essere okkupata.

martedì 26 novembre 2002

Maestri di vita: (1) lo sguardo di Oliver Hardy

Capita nel bel mezzo di una comica, di solito a gag sopraggiunta, che Oliver Hardy guardi verso la cinepresa, perplesso, sbuffante. Non so se sia stato il primo a farlo, ma il più antico che mi ricordo è lui. Ed è a lui che penso quando mi capita – e mi capita spesso – nel bel mezzo di un guaio, o di una situazione che troverei comica, se non mi riguardasse in prima persona – di guardarmi in giro perplesso, come in cerca di una telecamera, un monitor, un pubblico qualunque davanti a cui sbuffare, anche solo un attimo, prima del prossimo ciak.

Guardare verso il pubblico, cercare la sua solidarietà, è un espediente vecchio quanto il teatro. Ma Oliver Hardy ci aggiunge qualcosa di nuovo, un ritrovato della tecnica: il primo piano. Non ha bisogno di fare un passo in avanti sul palcoscenico: d'improvviso il suo faccione riempie lo schermo, guarda verso lo spettatore, e non fa nulla: sbuffa appena. E lo spettatore ride. Per la verità stava già ridendo dalla gag precedente. Ma lo sguardo di Hardy aggiunge qualcosa di più. Prima ridevamo di lui: ora gli ridiamo in faccia. Per di più, lui sa che noi ridiamo, e resta serio. Non cerca neanche un momento di salvare la faccia, mettendosi a ridere anche lui. Sarebbe patetico. Invece accusa il colpo. Sbuffa, impreca sommessamente contro il suo destino di clown. E la comica riprende.

Sì, però Oliver Hardy è un clown professionista, e un genio del mestiere. Ma io? Chi sto cercando? La candid camera, il pubblico del Grande Fratello, o del Truman Show? O forse una parte di me stesso, né subconscio né superIo, né sopra né sotto, ma nei paraggi, una specie di risata registrata interiore? O forse sto cercando Dio, però vorrebbe dire che ho smesso di cercare un Dio-onnipotente in cielo (da cui piovono solo disgrazie), rassegnandomi a un più modesto Dio-spettatore che si degna di sghignazzare alle mie spalle – concedendomi qualche rada volta l'onore di sghignazzarmi in faccia. Del resto, ha pagato il biglietto…

Quando la gente mi trova serio – e la gente mi trova serio – è difficile spiegare che la mia serietà l'ho imparata tutta da Oliver Hardy. E che anzi di nascosto sono un buffone, ma non mi piace deridere nessuno a parte me stesso. Perciò preferisco essere io il protagonista dei miei sketch.
Mi spetta la parte più difficile e più ridicola, che è quella del clown bianco. Il clown che si crede superiore, e viene continuamente umiliato dal più autentico pagliaccio, lo Stan Laurel di turno, l'Augusto, il bambino, il genio. Mentre io aspiro a una vita seria, normale, dove le torte si mangiano e non finiscono invariabilmente sulla mia faccia.
Stan non ha questo orizzonte. Per lui è normale saltellare sulle travi di un cantiere con un bicchiere d'acqua in tasca. Ma io, per quanto goffo, so che questo non è il mio posto, e che qualcuno, da qualche parte ride di me. E guai se non ci fosse. Sarebbe tutto vano.

Così certe sere io mi chiedo: ma che pazzia è, esattamente, il voler tenere un blog, pretendere di avere tre o quattro storielle divertenti alla settimana? Perché? Per chi? Non conosco il nome di questa patologia, ma somiglia al voltarsi di scatto (in un aria di vetro) a cercare una cinepresa, un pubblico, qualcuno a cui sbuffare. Non voglio essere famoso, ma vorrei che qualcuno sorridesse un po' di me. Per poter – restando serio – sorridere un poco con lui. E in questo modo andare avanti.

(In fondo il boom mondiale dei blog è scoppiato pochissimo dopo il boom del Grande Fratello: ci ha fatto caso qualcuno? Ci faccio caso io).

lunedì 25 novembre 2002

Autodafé

Signori lettori, signori della giuria:
dopo un breve esame di coscienza, sono giunto alle seguenti conclusioni:

1. Se le cose stanno così, non posso non essere solidale col senatore Lino Jannuzzi, condannato a due anni e mezzo di reclusione per aver divulgato informazioni inesatte sul direttore di un giornale, su un giudice (poi avvocato) e su un farmacista.

2. E se nemmeno un Senatore della Repubblica è al di sopra della legge, come posso pretendere di esserlo io, dopo tutte le informazioni inesatte o imprecise, sballate o addirittura inventate, che ho divulgato sul mio umile sito? Altro che due anni. Ce n'è abbastanza per venirmi a prendere alle cinque di domattina, chiudermi in cella e buttare via la chiave.

3. Ciononostante io ho fiducia, anzi, fede nella magistratura, e nel momento della disgrazia spero ardentemente di trovarmi davanti a un gip saggio, buono e premuroso come Nadia Plastina. Davanti a lui/lei il mio cuore indurito dalla menzogna e dalla violenza si aprirà alla Verità, e io non dovrò dire altro che: "Abiuro la violenza e la menzogna, e rinuncio a Satana, fonte di ogni male". E sarò libero, mondo da ogni peccato, libero da ogni tentazione, disponibile a infamare qualche compagno qualora se ne presenti la necessità.

4. Siccome però ho un po' fretta , e non posso pretendere che gli inquirenti si mettano a leggere i miei archivi, per anticipare i tempi della mia conversione ho pensato di autodenunciarmi, come Torquato Tasso. Così ho dato una rapida occhiata agli ultimi 12 mesi del mio blog e di cazzate passabili di querela ne ho trovate veramente tante. Ecco una breve antologia di notizie false, inventate, non verificate, e, soprattutto, totalmente gratuite.

Lunedì 10 dicembre: Il creativo che ha creato lo spot del pandoro Melegatti è cocainomane.
Lunedì 24 dicembre: Rillo mangia i bambini
Martedì 5 febbraio: Casarini, ubriaco, balla malissimo
Martedì 11 febbraio: Fazio non sa contare i computer
Mercoledì 28 febbraio; la moglie di Scajola lo tradisce col cuoco
Mercoledì 22 maggio: il consiglio comunale (di Modena) è un cafone
Martedì 28 maggio: Berlusconi da piccolo buttava via i santini (e anche Putin)
Mercoledì 17 luglio: C'è gente che è morta da dieci anni e ancora continua a firmare per i referendum.
Venerdì 13 settembre: Galimberti in casa sua non lo ascolta nessuno.
Mercoledì 16 ottobre: Mirko Tremaglia non ha capito nulla dell'America.
Lunedì 18 novembre: la Fallaci è un'anziana signora malata.

Sapendo di poter sempre contare sulla vostra illuminata misericordia, vi saluto e mi firmo sempre vostro

venerdì 22 novembre 2002

Wanted - innocent or guilty

Pur non augurando la galera a nessuno, e ferma restando la solidarietà con tutti i presunti, tuttavia, non ci sarebbe modo di far fare a Fini qualche giorno in cella? Niente di personale, giusto per completare il suo giudizio sulle carceri italiane, che secondo lui sono sotto controllo. Anche solo un paio di giorni - se quei pappamolla di no global resistono per una settimana, un uomo tutto d'un pezzo come lui non dovrebbe aver problemi, no? Così si fa un'opinione a tutto tondo.

Non si può, dici. Non ha fatto niente. Oh, andiamo. Tanta gente è dentro anche per meno. E poi qualcosa si trova sempre. Se un santo pecca sette volte al giorno, Gianfranco Fini avrà anche lui i suoi scheletri, no? Per esempio, una volta dichiarò che non avrebbe pagato il canone RAI: evasione fiscale, apologia di reato. Robetta, dici?
Beh, e quella frase... "Mussolini è il più grande statista del Novecento"?
Sì, lo so, è un'opinione come un'altra, però i reati d'opinione tornano di moda. E se c'è un reato d'opinione a norma di Costituzione, quello è proprio l'apologia di fascismo.
Dici che è un po' stiracchiato? Dici che tra gli apologisti di fascismo in parlamento Fini è il più moderato? Che a momenti è meno revisionista lui di Violante? Vabbè, è un appiglio come un altro.
Altrimenti si fruga nella vita privata. Nessuno è innocente, perché dovrebbe esserlo lui? Vuoi che non si sia mai fatto masterizzare un CD? E i contributi alla badante? Possibile che non sia mai passato col rosso in auto blu? Una volta i suoi gorilla malmenarono un automobilista, chi era il mandante? Ti presenti in casa sua con un mandato di perquisizione, gli sequestri un coltello da cucina e un manico d'ombrello e lo incastri per cospirazione. Oppure, figurati se non ha un'e-mail pubblica: basta che gli arrivi la foto di una 17 enne n u d a ed è nei guai. Bisogna sbrigarsi ad ammanettarlo prima che inquini le prove, premendo per esempio il tasto Canc.
E comunque, non deve mica essere per forza colpevole di qualcosa! Basterebbe che si ritrovasse fortemente sospettato: un arresto cautelare, un giro in cellulare, una notte in branda. Sono esperienze che ti forgiano. Perché a parlare di carceri sovraffollate siamo tutti buoni, ma un'altra cosa è trovarsi in pochi metri quadri di libertà, e doverli dividere con un estraneo o più estranei, colpevoli o fortemente sospettati di qualcosa... la prospettiva cambia.
Tutti cambiano un po', dietro le sbarre. Non necessariamente in meglio. Ma nel mondo possibile che ho in mente io, tutti i parlamentari e i giudici prima d'insediarsi dovrebbero farsi due o tre giorni in cella. Giusto per capire l'effetto che fa. E magari concludere - come Fini - che la situazione, sì, è grave, ma... "sotto controllo". Però da dentro, non da fuori. A ragion veduta, non per un calcolo politico. Sarà un caso, ma tutti i miei padri Costituenti preferiti si sono fatti anni e anni di prigione e confino.

Esiste qualcosa - o meglio, non esiste - che si chiama responsabilità politica. Purtroppo (o per fortuna) non è punibile. Nessuno è indagato per le migliaia di morti di fame da embargo in Iraq, ma la responsabilità politica ricade su tutti i governi che hanno applicato l'embargo. Nessuno sarà giudicato colpevole della carestia argentina, ma la responsabilità politica ricade su gli organismi internazionali che hanno portato quel Paese allo sfascio.
Allo stesso modo, a fine anno qualcuno come sempre conterà i morti e gli infetti nelle carceri italiane. Nessuna istituzione sarà giudicata colpevole di quei morti e di quei malati. Nessun politico sarà accusato di aver calcolato il proprio indice di gradimento sulla testa dei detenuti. Nessuno verrà sospettato o accusato di omicidio o di strage. La responsabilità politica non esiste. La politica è irresponsabile.
Invece, se avete in casa coltelli da cucina, cd masterizzati, volantini, fotocopie... state all'occhio. È roba che scotta, quella.

giovedì 21 novembre 2002

Varie ed eventuali

Lo sento...
è un rantolo dalle tenebre... è lui...
l'enel ha staccato la luce e nell'oscurità degli Uffizi lui ghigna alla faccia del consumo culturale E' Defarge! L'organico!
E' tornato!

Allora? Signora Fallaci, si sfavi e smandiboli adesso, scriva al Corriere, telefoni alle autorita': Botticelli rimane al buio e il crocchio di grazie che dondolano anemiche sul ballatoio della primavera rischia di trasformarsi in un puttanaio, tutti avvinghiati a tutti in un groviglio poligamico che nemmeno Maometto, nel buio degli Uffizi!

***
Bloggatori, vi sentite poco rappresentati dall'auditel, un sistema di rilevazione che da vent'anni usa lo stesso campione? (Vedi dossier su Megachip). Da oggi potete sfogarvi con audiblog!

***
Se invece la tv vi nausea e i sondaggi vi stomacano, vi meritate www.bagnato.it. No, non è quello che pensate, bensì uno dei più bei siti di poesia italiani. Sì, il poeta è un mio amico, sì, non faccio che lincare amici miei. E me ne vanto. Molti amici, molti accessi, molto onore. E poi avercene, di amici che scrivono:

Da noi c’è una aria perpetua da concorso,
da noi ci si distruggerà in piazza, sotto casa,
l’oroscopo è l’articolo più letto dei giornali,
noi, la ciliegina di un albero tagliato.
Dal punto di vista dello schianto tutto è pronto,
sulla scena un uomo, la verità e il compianto.


(l'Appartenenza)

Alla prossima.

mercoledì 20 novembre 2002

Fino alla prossima riforma.

Però siamo un po' ipocriti, noi italiani.
Da una parte vorremmo le strade tranquille, con le vetrine e i monumenti in ordine, senza furti e scippi, e magari senza cortei: tolleranza zero!
Poi, però, quando un pezzo grosso si becca una condanna, ci indigniamo.
"Com'è possibile che le stesse identiche prove in primo grado portino all'assoluzione e in secondo grado a 24 anni di carcere?"
"È perché sono prove indiziarie".
"Ma com'è possibile che in Italia si vada in galera solo sulla base di prove indiziarie? Urge una riforma! Finiamola con questo giustizialismo!"
A questo punto c'è sempre qualcuno che aggiunge: "separiamo le carriere", e tutti annuiscono con la testa. Di che carriere si tratti e a che serva separarle non lo dice nessuno: lo si dà per scontato, come in una vecchia soap di cui nessuno vuol più riassumerti le puntate. Peggio per te se sei arrivato tardi. Eeeh, i giovani d'oggi, che non s'appassionano ai veri problemi…

Siccome trovo improbabile che Andreotti passi un solo giorno della sua vita in galera, il dibattito sulla sua colpevolezza non mi appassiona più di tanto. Capisco l'inquietudine di Ciampi e della classe politica, perché un padre Costituente condannato come mandante di un omicidio non è una cosa da mandar giù a cuor leggero. Se potessi almeno trovare sui giornali qualche ricostruzione del caso Pecorelli, così da farmene un'idea… no, niente. È tutto occupato dai dibattiti sulla riforma della giustizia. Dibattiti incomprensibili, per chi non segue tutte le puntate da dieci anni. Se mi sforzo, riesco a ricordare che se ne parlava molto ai tempi della Bicamerale… la Bicamerale che poi fallì… ma chi la fece fallire? Berlusconi, credo… e allora di chi è la colpa adesso? Del giustizialismo di sinistra, naturalmente.

Sento giornalisti e ministri della Repubblica fare un solo brodo retorico con la condanna del senatore e gli arresti di Cosenza. Ma cosa c'è in comune tra una condanna in appello per un omicidio (e il senatore non ha ancora fatto un solo giorno di galera) e venti arresti cautelari per reati di opinione? Niente. Capisco che il brodo si fa con quello che passa in convento, e che due casi giudiziari in 72 ore siano un'occasione troppo ghiotta. Poi, se l'Etna si rimette a eruttare, si tornerà a parlare della sicurezza delle scuole. Così è il giornalismo. Così è la politica. Un po' superficiale, direi, ma forse ce la meritiamo così.

Inoltre mi sembra di capire che la colpa è un poco mia, perché sono di sinistra, e quindi sono un giustizialista, un forcaiolo. Devo essermi perso dei passaggi. Se vado al Social Forum sono un giustizialista? La sinistra alternativa è giustizialista? Da quando?
Senza scomodare il buon De Andrè, che con i giudici ce l'aveva sempre e comunque, vorrei ricordare un libro uscito a Bologna qualche anno fa a firma Luther Blissett, Nemici dello Stato. Un pamphlet contro le leggi anti-terrorismo e gli abusi dei magistrati, scritto a ridosso di Tangentopoli, quando i tabaccai vendevano la statuina del presepe a forma di Di Pietro. E i leghisti mostravano il cappio alle telecamere del Parlamento. Secoli fa. Gli autori di quel libro sono a tutt'ora menti pensanti del movimento. Io magari non lo condivido in pieno - magari non l'ho neanche letto tutto - però verba manent, come diceva una tale.

Quanto a me, se ho gioito secoli fa per la cacciata di Craxi, chiedo scusa per aver creduto anche un solo istante che una rivoluzione si potesse delegare alla magistratura. S'è visto infatti com'è andata a finire.
Ora, se posso esprimere un ideale astratto, credo che nessuno, nemmeno il Senatore Andreotti, dovrebbe essere condannato soltanto sulla base di prove indiziarie.
Se invece devo essere sincero e spietato, credo che anche dopo la prossima riforma le prove indiziarie continueranno a mandare in galera tante persone. Perché la gente vuole le strade sicure, prima di tutto, e poi chi se lo può permettere farà ricorso in appello. E gli altri aspetteranno l'indulto, l'amnistia, la grazia, la riforma successiva. Così è la vita. Così è l'Italia. Un po' ipocrita, però.

martedì 19 novembre 2002

Arrivo tardi, finisco tardi e non ringrazio mai per il link.
(E parlo male delle anziane signore malate)

È incredibile (e un po' cafonesco), ma devo ancora trovare il tempo per ringraziare i bloggatori-giornalisti che mi hanno lincato e citato la settimana scorsa: Pino Scaccia (ha anche pubblicato un mio intervento antipatico sulla tv) e Claudio Sabelli Fioretti.
Per entrambi, i blog sono la novità di Firenze – grazie per l'attenzione, purtroppo il mio non è più una novità da un pezzo… ma è vero che il blog sembra il genere letterario più adatto per descrivere un corteo, un grande 'evento' in cui non succede nulla, o meglio, succedono tante piccolissime cose. Se ne parlava anche l'altra sera a polaroid. Tutto molto bello, finché non se ne occupa la procura di Cosenza, eh Bruno?

Per fortuna che ci sono anche blog che parlano d'altro. Di lavoro, per esempio. Molti bloggatori interessanti scrivono del proprio lavoro (molti altri scrivono blog invece di lavorare). Ne segnalo uno giovane, fresco, il cui titolo è tutto un programma: ilderatizzatore. Il pezzo sui topi che urlano nei sogni merita davvero. Ah, e poi è un mio amico.

Questo però è anche un blog di servizio, e stasera vi propone un breve riassunto dell'ultimo intervento della Fallaci su Panorama (niente link, se mi beccano che cito frasi virgolettate m'arriva una denuncia per appropriazione indebita di frasi sotto copyright). Così vi risparmiate la vista e la bile. Invece a me mette di buon umore, la Fallaci. Mi auguro di arrivare a metà dei suoi anni con metà delle sue energie. E dunque:

1. Firenze l'ha salvata lei. Poteva starsene tranquilla a NY a correggere la Rabbia e l'Orgoglio, e invece ha passato l'estate ad avvisare Berlusconi, Pisanu, Fassino, il prefetto, tutti: o, guardate che a novembre c'è il forum.

2. A Firenze è andata a spasso tutto il tempo, ma nessuno l'ha vista perché lei usciva da una porticina sul retro, e i giornalisti l'aspettavano davanti. Grulli, però, 'sti giornalisti.

3. Quello che più l'è piaciuto, che le ha dato "più sollievo", è stato Lo spettacolo di Firenze con le saracinesche abbassate, le strade e le piazze vuote, le persiane chiuse. Tante persiane chiuse [...] Non era uno spettacolo allegro, no: a me sembrava di riveder la Firenze del 1944. Quella occupata dai tedeschi e martoriata dai bombardamenti. E a guardarla mi si stringeva il cuore. Però era anche la Firenze che nell'articolo avevo chiesto ai fiorentini di offrire al mondo per protestare contro la violenza morale che stava subendo. Una Firenze offesa ferita tradita eppure orgogliosa. E consolata pensavo: «Mi hanno ascoltato, perbacco, mi hanno ascoltato... ».

4. La Guzzanti non dovrebbe scherzare sui suoi cancri. Qui c'è un qui pro quo. La Guzzanti non ha scherzato su nessun cancro, al massimo ne ha tirato uno di rimando a un idiota che gliel'aveva augurato. Fuor di polemica, lo so perché c'ero. Tutto qui.

5. Il nuovo idolo dei no global è b i n l a d e n, nel corteo era pieno di bandiere con "b i n L a d e n che sembrava Che Guevara e Che Guevara che sembrava B i n L a d e n". Già letta sulla Padania in settimana, però.

6. Comunque è tutto un complotto di Cofferati, che ha scatenato i ferrigni portuali di Livorno contro il Rambo dei disobbedienti. E a proposito dei disobbedienti, "ma chi glieli dà i soldi per comprarsi quelle costosissime tute e la guerresca attrezzatura che le accompagna?". Oh, finalmente qualcuno che pone l'originale problema dei soldi: chi paga le griffatissime tute bianche?
"Ehm... ma sono tute da lavoro... la gommapiuma si compra in cartoleria... e poi è da un anno che non le usano più..."
"Osi insinuare che Lei non c'era e non ha visto coi suoi occhi, e che per tenerla calma magari hanno continuato a proiettarle sulle persiane chiuse i filmati di Genova?"
"N-no, certo".

7. Anche i temibili "attak olandesi", a vederli bene, "sembravano goliardi in vacanza". Certo che sono imprevedibili, 'sti attack, attak, come c.... si chiamano. Un giorno sono tedeschi (se lo dice il Ministro Frattini!), il giorno dopo fiamminghi, immagino che a quest'ora stiano battendo bandiera lussemburghese. Una cosa è sicura, è brutta gente. Finirà che a Cosenza apriranno un fascicolo sul celebre attaccatutto - certe sigle non si usano mai per caso...

8. Verso il finale, mi sembra che accusi Dario Fo più o meno di aver torturato suo padre, ma forse ero stanco io.

E ora basta, "non voglio più dire altro", come dice lei. Lei però riesce a dirlo dopo un'intervista di trentamila battute. E resta seria. Beh.
C'è tanto da imparare.

lunedì 18 novembre 2002

Ordine di arresto suicida
Per il resto, la descrizione della provocazione rivolta alle forze dell'ordine fa riferimento al sarcasmo che usa Caruso, che annuncia «con un cavolfiore vi seppelliremo», che parla di «celerini affetti dal morbo dell'afta epizootica» e che promette «con ortaggi e verdura faremo la lotta sempre più dura» invitando «i compagni del servizio d'ordine, armati di carciofi e scolapasta» a farsi avanti.
Umorismo involontario?

1. Giustizia per le vetrine
Il successo – limpido – dell'organizzazione del Social Forum non dovrebbe farci dimenticare che in Italia c'è ancora molta gente con un'idea precisa di quanto è successo a Napoli e a Genova un anno fa: orde di manifestanti avrebbero devastato la città e aggredito le forze dell'ordine. E siccome i riscontri (vetrine infrante, poliziotti feriti) ci sono, è uno scandalo che ancora nessuno sia in galera.
Questo punto di vista è comprensibile: è giusto chiedere giustizia per le vetrine, anche se a me capita di appassionarmi di più per l'occhio d'un ragazzo percosso dal calcio di un vicecapo digos. Purtroppo in Italia le vetrine hanno pessimi avvocati, che finiscono per nuocere alla loro causa, come la Fallaci.
Inoltre, la difesa delle vetrine alla lunga rischia di rivelarsi controproducente per polizia e carabinieri. Com'è possibile che, con tutte le videocassette che ci sono in giro e nelle edicole, non siano ancora riusciti a individuare una sola faccia, un solo colpevole di "saccheggio e devastazione"? Per contro, i magistrati che hanno voluto indagare sugli eccessi delle forze dell'ordine, di riscontri ne hanno trovati.

L'imbarazzo per CC e polizia dev'essere diventato intollerabile dopo gli arresti di Napoli, la scorsa primavera, nel momento in cui la Magistratura sembrava dare ragione ai manifestanti.
È a quel punto che il Ros (Raggruppamento Operazioni Speciali) dei Carabinieri inizia a bussare di procura in procura con un copioso dossier in cui si prova – si proverebbe – la responsabilità di alcuni personaggi del movimento meridionale nelle devastazioni di Napoli. Ma il dossier non ha molto successo. Le procure di Torino e Genova, tra le altre, lo rispediscono al mittente. Forse perché sono procure 'rosse'. O forse perché le accuse sono inconsistenti.
Ma l'Italia è lunga, e alla fine un paio di magistrati più sensibili degli altri lo trova anche il Ros, a Cosenza.

2. Siamo tutti cospiratori, seriamente
Attenzione però: nemmeno il pm Fiordalisi e il gip Plastina trovano nulla che valga un'incriminazione per devastazione o saccheggio. O al limite per vandalismo, resistenza a pubblico ufficiale... Nulla.
Invece il reato contestato è: cospirazione politica mediante associazione al fine di turbare l'esercizio del governo; effettuare propaganda sovversiva; sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nello Stato.

Si tratta di un'accusa più difficile da dimostrare, ma anche da contestare: non basta far sparire dai cassetti coltelli da cucina e mattarelli. È sufficiente scrivere un'e-mail sulla rivolta globale, o, temo, scaricare la stessa e-mail sul proprio pc. Ma anche farsi bello con l'amico al cellulare, dicendo cose tipo: "macché black block, a Genova eravamo noialtri a fare casino", come ha fatto effettivamente uno degli arrestati, Cirillo (dimostrando una dabbenaggine incredibile per un ex settantasettino: dopo Genova perfino i lillipuziani stavano attenti a quello che dicevano al cellulare, con tutti i clic strani che si sentivano).
Non era nemmeno necessario essere a Genova o a Napoli: anche da casa si poteva cospirare ascoltando radio Gap e scrivendo messaggini agli amici con istruzioni come: "evitare Corso Torino". Capito, Enzo? Sei nella merda.

Non consola sapere il reato di cospirazione risale al codice Rocco (1930), visto che nessuno ha ritenuto giusto invalidarlo. Anzi il reato di cospirazione ha conosciuto un buon revival negli anni di piombo, e rimane attualissimo anche oggi, vista la nuova normativa antiterrorismo. In più, nell'overdose informativa in cui viviamo oggi, tra sms, e-mail, filmati digitali (e blog!) prima o poi una cospirazione scappa a tutti quanti. Esattamente come a chiunque può capitare di scaricare un'e-mail a contenuto p e d o p o r n o g r a f i c o e rischiare anni di carcere e infamia.

Insomma, non è solo questione di solidarietà: siamo davvero tutti sovversivi. Valutate voi se è il caso di autodenunciarvi alla procura di Cosenza, come suggerisce il Forum per la Pace di Ferrara. Io, se devo essere sincero, ho un po' paura che mi prendano sul serio, perché…

3. Ma a Cosenza ci sono o ci fanno?
…perché (è questo il punto più inquietante) a Cosenza non hanno il senso dell'umorismo. O forse ne hanno più del dovuto. Ma, insomma, se l'accusa è grave, ha ben ragione Diario a sostenere che le motivazioni sono risibili. Troppo risibili. Caruso, per esempio, è accusato di cospirare a cielo aperto con… una pannocchia di plastica. Sembra uno scherzo. L'apice del ridicolo resta però la confusione tra radio Gap e i Gruppi d'Azione Partigiana di Feltrinelli: se tre lettere bastano a provare la cospirazione, non si capisce come possano farla franca i proprietari della nota catena di abbigliamento (come suggeriscono Diario e Gnu). E insomma, a questo punto il sospetto sorge legittimo: ci sono o ci fanno?

Capita a volte che un giudice scriva una sentenza deliberatamente assurda, costringendo la Cassazione a riaprire il processo: in gergo tecnico, si chiama "sentenza suicida". Ecco, quello di Cosenza sembra un "ordine di arresto suicida". Scritto appositamente per essere rigettato dal Tribunale delle Libertà. E per fare degli arrestati degli eroi: in primis quel povero masaniello di Caruso, che di stare sulla ribalta si era stancato da un pezzo. Ma perché?

4. "È un complotto di Berlusconi per screditare la magistratura"
Purtroppo il complottismo è il nostro vero sport nazionale. Ma non si può fare a meno di notare come tutto questo accada non solo a una settimana dal Social Forum, ma anche a pochi giorni dall'approvazione della legge Cirami; a poche ore prima della condanna di Andreotti in appello; nella settimana in cui Berlusconi ha pretestuosamente riaperto il dibattito sulla grazia ad Adriano Sofri. In giorni, insomma, in cui l'indipendenza della magistratura è attaccata su più fronti. Il che spiega almeno l'insolita solidarietà che anche politici e opinionisti del centrodestra hanno dimostrato per gli arrestati nei giorni scorsi.

Senza voler credere a un machiavellico complotto di Berlusconi o chissachì, la strumentalizzazione senz'altro c'è, e nei prossimi giorni andrà denunciata: Caruso e Andreotti non hanno niente, veramente niente in comune: nel bene e nel male.
Certo che però l'Italia è strana. Se protesti per venti arrestati ti rinfacciano di non aver ugualmente protestato per tutte le manette scattate negli ultimi dieci anni. Ma avremo ben il diritto di protestare per chi ci pare, senza per forza dare addosso a una categoria – i magistrati – in cui c'è del buono e del marcio, come in tutte le categorie di questo mondo?

5. Che fare?
Quel che possiamo.
Per ora possiamo già vantarci di avere reagito con più compostezza di molti politici nello stesso frangente, dando un'altra prova di maturità. Nella prossima settimana gli obiettivi da proporsi (se proprio vogliamo cospirarne) credo siano due. Il più immediato, la libertà per quei cospiratori che ieri notte hanno viaggiato da Trani a Viterbo "con i piedi e le caviglie ammanettate, raggomitolati su se stessi e rinchiusi all'interno di gabbiotti di mezzo metro quadrato". Il più importante, l'abolizione del reato di cospirazione. Il che sarebbe un bene per tutti. Anche per chi vuole bene alle vetrine e cerca di difenderle dai vandali. Ma chi – strumentalizzazioni a parte – ha veramente a cuore le vetrine oggi? A parte i manifestanti di Firenze, intendo?

giovedì 14 novembre 2002

Consuma, idiota!
(se ci tieni davvero, all'economia)

20 milioni di euro per incentivare gli italiani a comprarsi un decoder e una banda larga. Capisco che possano sembrare noccioline, tra i grandi numeri della Finanziaria. Ma c'è stato un terremoto e buona parte delle scuole italiane non sono sicure; sempre le scuole lasceranno a casa un po' di bidelli e insegnanti di sostegno (che probabilmente saranno rimpiazzati da cococò incompetenti). La fiat e la pirelli licenziano, la new economy è chiusa, in Sicilia manca l'acqua, le menti migliori delle nostre generazioni prendono la prima borsa all'estero e non tornano più. In tanta desolazione, a chi può venire l'idea di incentivare acquisti voluttuari come la pay tv o internet? Gli economisti hanno perso la ragione?

No. Purtroppo no. Purtroppo c'è una logica – perversa, ma logica – in tutto questo. E non è nemmeno la prima volta.
Un brutto precedente fu, mi duole dirlo, il contributo alle rottamazioni del governo Prodi: già nel '96 la strategia dello Stato era incentivare i consumi, offrendo finanziamenti ai cittadini che decidevano di buttar via auto quasi nuove. In questo modo la Fiat Auto si è tenuta a galla qualche anno in più. Ma c'è un limite strutturale alla quantità di auto che un popolo (anche sprecone) può buttare via e ricomprare. Raggiunto quel limite, l'indice dei consumi tornava giù. Bisognava inventarsi qualche altro nuovo consumo.
La febbre della new economy in Italia nasce più o meno in quel momento. Internet esisteva già; la telefonia mobile era in espansione da diversi anni; la pay tv già funziona. Ma nella seconda metà degli anni Novanta queste nicchie di mercato diventano la Nuova Frontiera del consumo di massa e vengono invase da orde di investitori.
È una Frontiera che promette molto, senza mantenere un granché. I decoder non decollano mai, l'italiano medio continua a preferire la tv generalista e lo stadio. Internet, sorprendentemente, si diffonde a macchia d'olio senza che nessuno riesca a trovare un modo onesto di farci i soldi (io lo trovo uno dei grandi misteri dell'umanità); in compenso le major discografiche si fanno un bel bagno con la diffusione gratuita e incontrollata degli mp3. L'unica cosa che funziona veramente è il telefonino, ma c'è un limite anche al numero di telefonini che un popolo può comprare e usare. Verso il duemila quasi ogni italiano normodotato ne possiede uno, e a questo punto l'indice dei consumi torna al palo.

Nel frattempo, però, il Mercato ha perso la ragione. Analisti e speculatori lo hanno traviato. È stato sostituito dal marketing, su cui vi rimando ai lucidi appunti della Pizia:

Nel mercato non c'era bisogno di fare marketing. Il marketing è nato quando si è dovuto vendere di piu’, uscire dal mercato e arrivare nelle casa, nelle scuole, per le strade, cercando dunque di indurre a comprare laddove nessuno aveva l’intenzione di comprare, facendolo quindi in maniera urlata, ingannevole, subdola...

Analisti seri e rispettabili, manager plurimasterizzati, semplici risparmiatori, hanno bruciato miliardi di euro in cretinate, in prevedibilissimi flop: il caso più eclatante resta quello della telefonia umts. Ci sarebbe da ridere, non fosse che questa gente ha giocato anche coi nostri soldi e i nostri posti di lavoro: e spesso li ha persi. Ancora oggi c'è qualche manager seriamente convinto di poterci vendere il telefonino che spedisce le foto agli amici. Oddio, qualcuno se lo comprerà pure. Ma l'espansione è finita. La telefonia cellulare è diventata un mercato di sostituzione, come il mercato automobilistico: se mi stanco dell'auto vecchia (o del cellulare) ne compro uno nuovo.

Ma non posso continuamente stancarmi dell'auto o del cellulare. Specie se ho un lavoro precario, se sono un cococò, se il mio futuro è incerto. Lo stato può incentivarmi finché vuole, ma se nel frattempo mi taglia sanità, previdenza e istruzione (e magari dichiara una guerra) io non consumo. Non sono così stupido. Nemmeno vent'anni di tv berlusconiana possono rendermi così stupido. Persino un idiota si copre la testa quando il vento gli scoperchia la casa.

Un ultimo dubbio: ma siamo sicuri che il 'consumo' sia da incentivare, sempre e comunque? Dobbiamo per forza credere alla favola per cui se aumenta il consumo aumenta il Prodotto Lordo, e se aumenta il Prodotto aumenta l'occupazione? Non c'è qualcosa di intuitivamente sbagliato in un sistema che funziona soltanto se consuma ogni giorno qualcosa in più del giorno prima?
A Firenze si è parlato di questo. Contro la religione del Prodotto Lordo, si sono suggeriti altri strumenti di misurazione della "ricchezza delle nazioni" (per usare l'espressione del vecchio Adam). Ora, se vi dicessi che ho capito come funziona il Dashboard of Sustainability direi una grossa menzogna. L'altra sera l'ho installato e posso dire che è uno sballo, però dopo un po' fa male agli occhi. Ma ho ancora nelle orecchie le parole di quella portavoce di Lilliput, l'altra sera, nella trasmissione in cui non si litigava: "ma lo sapete che il Pil aumenta anche con gli incidenti stradali?"
Lo sappiamo, è perfino una banalità: macchina rotta, macchina nuova (senza parlare dell'indotto: spese mediche, legali, assicurative, perfino il carroattrezzi). Lo abbiamo sempre saputo. Ma non ci avevamo mai pensato. Da Firenze in poi cominciamo a pensarci seriamente. In Italia gli incidenti stradali uccidono 8000 persone all'anno: non c'è bisogno di cercare le armi di distruzione di massa in Iraq. Cerchiamo di capire se non sia possibile consumare in un altro modo.

mercoledì 13 novembre 2002

Stasera soltanto alcune incombenze, alcune piacevoli, altre meno, e tra le prime:

– Devo fare pubblicità occulta al ristorante Otello, che quando avevamo fame ci ha rifocillati, mettendo in crisi il nostro pregiudizio sui ristoratori fiorentini. Dalla stazione di Santa Maria Novella, è il primo ristorante che incontrate sulla via degli Orti Oricellari. Magari chi può vada a controllare se due primi e un arrosto di solito li fa a dieci euro, perché sospetto che sia stata applicata una speciale tariffa noglobbal. Solo perché avevamo facce simpatiche e qualche maglietta rossa, a rischio di spaventare le comitive giapponesi. E ci hanno pure raccontato le barzellette sui carabinieri.
La terza sera, il cuoco è uscito fuori a salutare:
"Ancora voi? O non vi s'era detto d'andar via?"
"Andiamo, andiamo, stiamo aspettando il treno delle dieci e mezza. C'è giusto il tempo di mangiare, spaccar tutto e andare via".
"Il corteo, tutto bene?"
"Pare di sì, ma noi abbiamo visto solo un sacco di gente. Alla tv hanno detto qualcosa?"
"La rai, quasi niente. La Sette ha fatto la diretta, ma c'era quello là… quello grosso… ormai scoppiava dalla rabbia. È berlusconiana, la Sette, sapete?"
"Anche lui ha pur bisogno di un canale, poveretto"

– A proposito, mi costa un po' farlo, ma devo pubblicamente chiedere sc… sc… con un conduttore di Otto e Mezzo, che mi ha fatto notare che nella trasmissione di cui parlavo venerdì nessuno litigava. È vero. Chiedo scusa. Gesù, mi sento Fonzarelli.

– Forum da parte, oggi è un giorno di festa. C'è un blog che soffia sulla sua prima candelina, e non è un blog qualsiasi.
Io, sapete, voglio bene a tutti i piccoli blog, ma ce n'è uno a cui voglio più bene degli altri, perché è il primogenito, il prediletto, perché se non fosse stato per lui la mia vita sarebbe diversa, perché ci sono andato in vacanza assieme e abbiamo scattato una foto sulla punta d'Europa, ecc., ecc., ecc.. Tanti auguri polaroid, cento di queste foto. E giovedì, chi può (tra Imola e San Giovanni Persiceto, almeno) provi a sintonizzarsi su radio città 103. Ci sarà molta confusione e io tenterò di mettere su i Kinks.
Perché non ve l'ho mai detto, ma nell'Altro Mondo, che è sicuramente Possibile, io farei il diggèi.

– Tornando a Firenze, fa piacere leggere tanti commenti positivi: fa tristezza invece notare il successo del termine new global, che avrebbe soppiantato quella vecchia fetenzìa di no global.
È passato un anno (e non pretendo che vi ricordiate) da quando scrissi qui cinque o sei motivi per non dire "no global". Il primo, assai banale, era linguistico: "no global" non è lingua inglese, è una patacca, ci fa fare brutta figura col movimento internazionale. (E ho letto che a Firenze francesi e spagnoli si sono lamentati per l'uso e l'abuso della lingua inglese nei lavori del forum).
Però io ho il sospetto che anche "new global" abbia lo stesso problema – oltre ad essere un brutto nome, intendo. Siamo proprio sicuri che un inglese direbbe "new global"? Siamo sicuri di non fare la stessa figura di Berlusconi quando dice "You know the history"? Ma poi perché dobbiamo necessariamente ricorrere all'inglese per capirci tra noi, visto che non lo sappiamo? È il segno di un disagio linguistico grave. Nel frattempo io continuo a usare il mio noglobbal storpiato, che ormai fa simpatia (se non puoi non commettere errori, ostentali).

– All'Otello, dopo le barzellette, il ristoratore ci ha raccontato di aver messo a tavola gente del forum anche durante il corteo.
"Mi hanno detto che per loro non era giusto andarci… che il corteo snaturava il forum".
"Beh…"
"Dicevano: abbiamo discusso e lavorato per tre giorni, quello è importante. Ma ora si fa un corteo e alla fine i giornali parleranno solo di questo".
"Sì, però così ha potuto partecipare tanta gente che è potuta venire solo sabato… gente che lavorava, che ha preso il treno stamattina…"
"Sarà".
Più ci penso e meno so dar torto al ristoratore dell'Otello. Di marce ne abbiamo fatte tante, sì, ma quand'è che s'inizia a parlar di contenuti?
Domani ci provo. Prometto.

martedì 12 novembre 2002

Senza pudori, credo che stavolta abbiamo vinto (solo una battaglia, naturalmente).
E per dimostrarlo, mi comporterò da vincente. Di quelli veri, che non sfottono l'avversario sconfitto, anzi riconoscono le sue ragioni, e i propri torti. Ora, lo so, ci vuole impegno a riconoscere delle ragioni a una Fallaci o a un Socci che accusa Agnoletto di connivenza con Pol Pot; d'altro canto, ci vuole della fantasia a biasimare il sindaco che apre la città a seicentomila pacifici dimostranti. Ma io non mi tiro indietro, come ben sa Madame.

Comincerò attestando la mia solidarietà al vecchio Scajola. Solo perché se n'è andato, ora tutti fingono che le cose siano migliorate d'un colpo. Per la verità dopo Genova ci sono state parecchie altre manifestazioni a rischio, tra le quali ricordo Roma un anno fa e Genova quest'estate. Tutte finite bene, e Scajola stava al Viminale. Non cambio idea sulle sue (ir)responsabilità, ma gli do ragione quando dice che Genova ha insegnato qualcosa a tutti. (Per esempio, l'equazione "+ divise in giro, + casini nelle strade", veramente poco intuitiva, ma ormai suffragata dai fatti).

E ammetto che se fossi stato al posto del sindaco di Firenze, non so se avrei avuto altrettanta fiducia nelle sorti della manifestazione. Perché è vero, c'era stata Roma in novembre e poi Genova in luglio, ma il Forum Europeo era un'altra cosa. Oltre i confini (che Schengen non ha affatto cancellato) il Movimento è molto diverso, ma noi italiani siamo forse troppo attaccati alle nostre locali grettezze per accorgercene. È più corpuscolare, più marginale, naturalmente più radicale: non a caso ha eletto l'Italia sua patria d'adozione, malgrado le Diaz e Bolzaneto. Sa di poter contare, in Italia, su amministrazioni amiche, masse critiche in corteo e, se le cose si mettono male, infermieri e avvocati gratis. Ci vorrà ancora un po' di tempo prima di vedere una marea di seicentomila dimostranti invadere pacificamente le strade di Parigi o Berlino per il corteo di un Forum.
Agnoletto e Casarini, nel bene e nel male, sono ormai diventati comparse nel teatrino tv italiano; ma il movimento europeo è un terreno per lo più sconosciuto. Le varie sigle straniere suonano sempre minacciose (curioso come "Resistance" faccia molta più paura di "Resistenza"). Chi garantisce per tutta questa gente? Come si fa a separare gli anarcoinsurrezionalisti dagli anarcoragionevoli? Le famose informative dei servizi dovrebbero servire a questo; purtroppo dai tempi degli aeroplanini e del sangue infetto sono destituite di qualsiasi credibilità e non hanno altra utilità che quella di fornire spunti per i titoli di Libero e Giornale, o all'on. Frattini, che martedì 29 ottobre riferiva al parlamento (segnalato sulle news di repubblica):

C'è gente dei movimenti anarchici, ci sono gli attac tedeschi ed i globalize che abbiamo visto all'opera a Genova nel 2001. Il governo - rileva Frattini - non poteva non informare il Parlamento.

Voglio sperare in un crampo dello stenografo di Repubblica, perché queste sono parole troppo goffe e imprecise per appartenere davvero al ministro per la Funzione pubblica con delega ai servizi segreti. I "Globalize" magari saranno quelli di "Globalize Resistance" (che a Genova non hanno combinato un bel niente, tra l'altro); quanto ad Attac Deutschland, potrebbe persino sporgere querela contro il ministro del CDC…CDD… DCU… non mi ricordo il nome del partito… d'altro canto perché mai un tizio che ha un blog dovrebbe essere più preciso di un Ministro della Repubblica?

La vera notizia non è che i soliti noglobbal italiani si siano comportati bene. Questo, anzi, succede ormai con una certa stucchevole regolarità. Ma che i manifestanti europei abbiano, spero definitivamente, rinunciato a certe tattiche che si erano rivelate controproducenti, che abbiano insomma sepolto la spranga: questa è la novità importante. Fino a pochi mesi fa l'argomento di molti casseur europei era il seguente: un bancomat rotto fa più rumore di cento botteghe equo-solidali aperte. (E infatti, per fare un esempio, Ferrara avrebbe dato qualcosa per poter mettere un bancomat rotto in prima pagina lunedì, ma fino a l'altro ieri non conosceva il concetto di commercio equo e solidale). È un argomento diabolico, perché convincente, ma del tutto integrato alla società dello spettacolo e dell'auditel. Sono felice che sia stato superato dalla stragrande maggioranza degli attivisti europei – ma fino a sabato non ne potevo essere sicuro. Complimenti al sindaco, per la sua fiducia. Ma se fosse stata malriposta?

E soprattutto, devo ringraziare chi ha permesso al Forum di attirare l'attenzione della grande maggioranza degli italiani, e guardate che non era facile. A gente come Socci, Zeffirelli, ma soprattutto alla Fallaci. Dobbiamo avere l'onestà intellettuale di ammetterlo: senza di lei gran parte dei reporter e dei commentatori starebbe ancora in Molise a spremere lacrime e sangue da quella povera gente. Di questi tempi, con tutte le manifestazioni che si fanno, il Forum sarebbe scivolato fin troppo liscio nel rumore di fondo. È stata lei a creare l'evento, più di qualsiasi teppista o casseur. Credo che molta gente abbia preso il biglietto per Firenze dopo aver letto il suo pezzo – del resto lo stesso Agnoletto, con la sua faccia da medico della mutua, accostato a Pol Pot assume una statura epica.

Bene così? Sono risultato abbastanza vincente? Abbastanza convincente? Lo so, faccio quel che posso. Avrei ancora qualche cosa da dire ma… un'altra volta. Segnalo un ultimo blog, Mim*mina, che ha fatto un'ottima cronaca delle giornate di Firenze. Grazie per l'attenzione – che non sempre mi merito – e alla prossima.

giovedì 7 novembre 2002

Volete degli scùp su Firenze? Beccatevi la mia telefonata a Defarge , che in poche ore ha già scalato la gerarchia noglobbal: ora controlla un palazzetto dello sport, in attesa dell'offensiva finale.

Ah, perché non sono coi miei noglob? Invece mi tocca mangiarmi il fegato in poltrona davanti alla tv. Stasera a Otto e Mezzo si è parlato soltanto di Tobin Tax e non c'era nessuno di Attac: cioè, ti sbatti, raccogli centoottantamila firme, e poi neanche ti chiamano.

Invece c'era il Riformista, con le sue obiezioni anni '80:
"Ma come facciamo a capire quando un investimento è speculazione?"
E' molto semplice: tassiamo tutti gli investimenti, e gli speculatori, che investono venti o trenta volte al giorno, pagheranno venti o trenta volte di più degli investitori normali. Mi sembra così semplice. Ma il Riformista non vuole, dice che non regge all'onere della prova. Perché, quand'è che è stata provata? Forse l'ha sperimentata il Riformista, nel salotto di casa sua. Ah, però.

Io in realtà li odio, i talk show politici italiani, trovo che sia inutile invitare degli esperti solo per vederli litigare. E non potrei reggere una serata in poltrona in più. Ci vediamo domani a Firenze.

mercoledì 6 novembre 2002

“Se dipendesse dal Movimento il futuro dell’umanità, aiuto!"
Luca Casarini

Ai lettori:
questa settimana siete in tanti, e non mi è chiaro il perché: ma sospetto che abbia qualcosa a che vedere con Firenze.
Mi preme dunque avvertirvi che, causa lavoro, a Firenze io ci andrò solo venerdì sera, e non sono certo il blog più qualificato per fornirvi notizie fresche. Madame arriverà un po' prima, e spero si porti il portatile con sé. E mi aspetto molto anche dalla sana curiosità della Pizia.
Non avranno problemi di connessione i blog fiorentini e toscani. Ce ne sono tre o quattro davvero buoni, che del Forum hanno già parlato negli scorsi giorni: Franco, Giornale di Cantiere , Samuele Venturi e Qqg. Quest'ultimo avverte: "abito a duecento metri dall'ESF". Peerò. In bocca al lupo.

A un livello superiore, non credo che sia più necessario lincarvi Indymedia (ma facciamolo).
Passando al giornalismo ufficiale, troverete fin troppi aggiornamenti sullo speciale di Vita e su Mir. E per ora, basta.

(Lincare è come fotocopiare: una droga sostitutiva della lettura. Al quarto anno di università non leggi più, fotocopi. Al quarto anno di internet cominci a lincare siti che non leggi, così almeno li leggeranno gli altri. Ma sto cercando di smettere, o almeno calare la dose).

Magari però voi venite qui perché vi aspettate qualcosa d'altro... Eh, sì, a dare link sono buoni tutti, ma quel certo non so che, quello stile leonardo, quel tipo di post buffo che sa un po' di lacrimogeno...
Ancora una volta, mi dispiace deludervi, ma non sono in vena. Sarà l'età, sarà la prevedibilità.
Per esempio, avrei voluto dare dell'idiota a Urbani, che vuole vietare i cortei nelle città d'arte, vale a dire (lui probabilmente non lo sa) il 95% delle città italiane. Ma ci ha già pensato Bruno.

Volevo dire che Casarini, ehm, ha un po' rotto, sarebbe ora che si facesse da parte. Ma ci ha già pensato Casarini, in un intervista, ahimé, al Foglio (via Wittgenstein).

Volevo fare una riflessione su quanto è cambiato il mondo a 16 mesi da Genova, ma ci ha già pensato Riccardo Orioles su Gnu Economy.

Volevo fare un po' di disinformazione, spararla grossa, minacciare di fare uno scarabocchio sulla Primavera di Botticelli, ma ci ha già pensato un deficiente su GQ, la rivista delle tette per la classe dirigente.

Volevo dirne quattro al Riformista, sempre più anni '80, ma... che palle. Volevo dirne quattro alla Fallaci, ma.... pietà. Anche la Fallaci è una creatura del buon dio.

O no? Sulla prima pagina web del Corriere c'è il menu seguente: Video -Forum -Fallaci -Audio. La Fallaci ormai non è più un essere umano, è un link, è un dispositivo di livore: se schiaccio "video" scarico un video, se schiaccio "Fallaci" scarico l'ennesima scenata invereconda.
Vediamo cos'abbiamo oggi... ecco, per lei io sono un falso rivoluzionaro, un figlio di papà (ancora!), una falsa colomba, amo Bin Laden mentre Saddam Hussein, chissà perché, lo rispetto soltanto. Bene. Per il Riformista sono soltanto un protezionista, un conservatore bi-millenarista che... che piacerebbe a Bossi. Beh, è bello sapere che piaccio almeno a qualcuno.

Tutti costoro sembrano avere idee molto chiare su me, su voi. Sarebbero onestamente stupiti, e forse terrorizzati, se scoprisserto cos'è veramente il FSE: per prima cosa, una grande confusione di lingue e di idee. Dove magari c'è anche qualche protezionista e qualche amante di Ben Laden, insieme con tutto e il contrario di tutto. Dove nessuno, per dirla proprio con Casarini, ha la ricetta per salvare il mondo. Dove tutti, però, per dirla con la Pizia, sono piuttosto curiosi. E questo è già qualcosa.

Il Movimento non salverà l'umanità, ma ha restituito la curiosità a un bel po' di individui, compreso il sottoscritto. Si trattasse solo di questo, varrebbe già la pena del biglietto.

lunedì 4 novembre 2002

Prof precario in precaria scuola

Per la verità, la mia scuola del momento è un bellissimo edificio, oserei dire settecentesco. Da lontano la scambiano per un hotel nel verde, magari un club privé.
I soffitti in particolare sono una meraviglia: a volta, affrescati con i temi delle stagioni. In particolare la terza C è sovrastata da un'allegoria dell'Autunno, raffigurante due puttini alati che si affacciano da un cielo un po' nuvolo, spargendo cenere nell'aere da un braciere. Tutt'intorno festoni e cornucopie con la frutta di stagione: uva, mele, pere, e foglie secche. È veramente un'opera d'arte, e dire che non ci avevo fatto caso. Ma di solito non la degno d'un'occhiata: solo oggi mi sono messo a osservarla con più attenzione, e mentre la osservavo gli alunni mi osservavano.

"Voi, naturalmente, in caso di allarme sapete cosa fare…"
"Sì: scappiamo".
"No, no! Non sapete che c'è un pericolo peggiore del terremoto, ed è il panico? Per prima cosa si mette lo zaino sul banco, poi ci si infila sotto".
Mi guardano sospettosi. C'è un pericolo peggiore del panico, pensano, ed è il supplente pignolo. Del resto perché mai, nel momento della scossa, si dovrebbe perdere tempo a posizionare lo zaino sul banco? Non lo so: ma l'anno scorso all'esercitazione i ragazzi facevano così, e io mi adeguo.
"Ma io sotto il banco non ci sto, prof!"
"Ci stai, Nizzoli, ci devi stare, è il regolamento".
"Nel senso che non ci passo proprio": e per dimostrare la sua buona volontà tenta di accucciarsi. Malgrado la notevole contorsione, il banco si solleva sulla schiena, ondeggia e si rovescia a pochi centimetri dalla caviglia della Lusatto, che schizza via urlando: panico. Il pavimento registra una vibrazione del sesto grado. Entra il bidello Mariano.

"Tutto bene?"
"Sì, no, è che ci stiamo esercitando per i terremoti, e…"
Mariano fissa il faccione di Nizzoli ancora incastrato tra i suoi glutei e scuote i baffi: "Tanto non c'è la scala antincendio".
"Ah già, è vero, non c'è…"
"Perché non c'è l'uscita di sicurezza, per cui non sapevano dove farla".
"Quindi dal primo piano c'è solo una via…"
"Sì".
"…di fuga".
"Sì".
"La scalinata".
Una scalinata di marmo settecentesco, imponente, un po' sdrucciolevole. In un Grand Hotel farebbe la sua figura. Ma al primo cliente di Grand Hotel che si frattura chiamano un architetto e la rifanno in cemento antisdrucciolo.
"Capito, ragazzi? Se viene un terremoto l'unica via di fuga è la scalinata di marmo, per cui bisogna mettersi in fila ordinati, e non scappare da tutte le parti, perché se no scivoliamo e… e…"
Mariano, provvidenziale, interrompe battendo il pugno sul muro. "Questo è portante, non crolla neanche a cannonate. Quando uscite passate da questa parte".
"Ma prof, non dovevamo restare sotto i banchi?"
"I banchi… se vedete che cadono calcinacci, chi può, s'infila sotto il banco".
"Ma sono troppo piccoli".
"Perché una volta i ragazzi della vostra età erano più piccoli. Interessante, no? Sono stati degli scienziati inglesi a dimostrare che l'altezza media della popolazione aumenta con il benessere. Hanno confrontato i dati a partire dal 1900 e hanno concluso che…"
"E i banchi non crescono?"
"Gavioli, che fai, prendi in giro? No, i banchi non crescono".
"È perché siamo in succursale. Quelli della sede c'hanno i banchi più alti, io li ho visti".
Mariano annuisce, a volto basso, e lascia l'aula senza fare rumore.
Io… io quando non so che dire guardo in alto. Di solito non c'è un granché da guardare, ma qui… i festoni, l'uva, le cornucopie… e quei puttini alati, un amore. Sperando che non ci caschino mai addosso. E che suoni presto la campana, e che non sia l'allarme sismico (squillo intermittente lungo). Così andrò a casa e scriverò un post allegro, perché è quello che so fare meglio. Credo.

"...Purtroppo penso che una tragedia così sarebbe potuta succedere anche da noi, in Emilia Romagna. E chissà in quante altre scuole italiane..."

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