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mercoledì 3 dicembre 2003

La Consulente all’Istruzione

Ma che ci fa Letizia (Joy) Moratti all’Istruzione? Io me lo sono chiesto spesso.
A prescindere dai risultati, guardate. L’ha eletta qualcuno? No, non rappresenta nessuno a parte sé stessa. Allora forse è un cosiddetto “Ministro Tecnico”, uno di quei ruoli super partes affidati a professionisti di comprovata esperienza nel settore? Nemmeno. Il suo curriculum è di tutto rispetto, ma in un altro settore (il brokeraggio assicurativo). Comprereste un’auto da un ortolano? Nominereste un broker alla Pubblica Istruzione? Berlusconi lo ha fatto. E la cosa ha una sua sinistra coerenza. Sai Comprare? Sai Vendere? Allora sei in grado di riformare la scuola italiana.

Quello che scontiamo, con Mrs Joy all’Istruzione, è il mito del Grande Manager, che può permettersi di gestire un po’ di cosa pubblica come se fosse un dopolavoro. (Ho sentito dire anche che lei lo faccia “per passione”). Questi dirigenti di assalto di solito hanno un’ossessione: l’efficienza. Ne parlano in continuazione. Però parlare di efficienza non significa essere efficienti. Specie se si pretende che i dipendenti stiano lì impalati ad ascoltarti parlare di efficienza, con tutto quel che c’è da fare.

Così, alla fine, l’impatto di Mrs. Joy sulla Scuola italiana può essere paragonabile a quello del famoso consulente della barzelletta, quello che compare senza che nessuno l'abbia cercato, vuole essere pagato per una risposta che già sappiamo a una domanda che nessuno gli ha fatto, e in più non conosce assolutamente quello di cui si sta parlando. Come ogni buon Consulente ha un’estrema cura del proprio corpo e dei propri abiti (un Consulente trasandato non è credibile), allo stesso modo la Moratti è ossessionata dalla sua immagine pubblica, e non perde occasione di spendere denaro pubblico per opuscoli, spot, kit pubblicitari per bambini, e adesso anche la coloratissima agenda distribuita a tutti i docenti italiani. Un autogol fragoroso: ma non è tipico del Consulente farsi ridere addosso per i vestiti e gli accessori pacchiani?

Sull’agenda di Una scuola per crescere (si parte male già dal nome) il docente ci trova di tutto, come in certi telefonini superaccessoriati. Conoscete il fuso orario di Addis Abeba? Quanti km. ci sono da Varsavia a Helsinki? Sapete cos’è la Nipiagogeia? È la scuola dell’infanzia nella Repubblica di Cipro (ma è facoltativa). E pensate, meno dell’1% degli alunni frequenta la scuola privata in Lettonia. C’è l’alfabeto telefonico in tedesco (Anton, Berta, Casar), inglese (Andrew, Benjamin, Charlie) e anche quello della NATO, coi tempi che corrono (Codice Alfa, Bravo, Coca, Delta…)
Ci sono anche i nomi dei santi e delle feste ebraiche. E poi basta, per il Ramadan e il capodanno cinese non c’era più posto. Manca invece la tabellina oraria, come se il docente non avesse bisogno di sapere in che ora deve trovarsi nella data aula. Forse il problema è che chi ha curato questa agenda aveva una vera ossessione, una fobìa del vuoto: anche lo spazio (poco) dedicato agli impegni del giorno, spesso è già riempito. Scopro così che in Ottobre, poco prima del Kippur, avevo un Convegno a San Patrignano su “Disagio giovanile e dispersione scolastica”. E non ci sono andato. Ma che potevo farci, visto che l’agenda mi è arrivata un mese e mezzo dopo? Sì: l’agenda è arrivata a metà novembre. A quel punto, qualsiasi docente saggio e organizzato (non necessariamente io) se ne era già procurata una coi propri fondi personali.
A suo modo, però, l'agenda è tempestiva. Arriva proprio in mezzo alla contestazione autunnale, e nella tornata di collegi docenti in cui i Presidi di tutta Italia stanno spiegando ai loro Prof: bambole, non c’è una lira. Avevate in mente tanti progetti, vero? Avevamo fatto tante promesse ai genitori, vero? Volevavamo il laboratorio d’inglese, di internet, di teatro? Eravate tutti d’accordo? O non eravate d’accordo? Fa lo stesso, tanto non c’è un euro. Dobbiamo arrangiarci con quel che c’è.

Ma il professore ha tra le mani la patinatissima “agenda di Una scuola per crescere”, più di duecento pagine a colori, e schiuma di rabbia. Perché, perché tutte le pagine a colori? Neanche fosse il Dylan Dog n. 500? Il Servizio per la Comunicazione del Ministero non era in grado di fare una buona comunicazione in bianco e nero? Certo, così in ogni pagina c’è la bandierina di uno Stato diverso, e io, che pure dovrei insegnare geografia, ammetto di aver scoperto solo oggi che la bandiera dell’Estonia è bianca, blu e nera. Niente da dire: elegante.
O forse era per le foto a colori di bambini e ragazzini sorridenti, come negli spot in fascia protetta? Avranno pensato che quello che va bene a un cliente di Kinder Bueno può andare bene a un prof della scuola pubblica. Bella confusione di target, se mi permettete un intrusione nel vostro mestiere (visto che voi vi siete introdotti nel mio…)
Le foto, del resto, sono solo il corredo ai testi, scritti nello stile asciutto ed efficientista dei migliori prospetti informativi: sapete, quei dépliant patinati che ti smollano i consulenti finanziari quando vengono a chiederti i soldi.

La riforma del sistema e, soprattutto, la sua attuazione sono quindi la logica conclusione di questa attesa che chiude una fase transitoria forse eccessivamente lunga e potenzialmente destabilizzante per l’unità del sistema e la corretta attuazione delle linee generali di indirizzo formativo. La legge n. 53/2003 non parla più di curricoli, ma di piani di studio. Potrebbe sembrare una semplice modifica nominale, quasi formale, se non fosse per quell’aggettivo “personalizzati” che li accompagna.

500 caratteri per spiegare l’introduzione di un aggettivo, “personalizzati”. Ed è così per pagine e pagine. Qualcuno si aspetta veramente che un prof si metta a leggere roba del genere?
Probabilmente no. Ma tutte queste pagine, queste faccine sorridenti e queste cartine geografiche dell’Europa, viste da una certa distanza, suggeriscono una certa idea: “efficienza”. Il messaggio è tutto qui: efficienza, efficienza, efficienza. Stiamo lavorando (per voi). Stiamo facendo una gran riforma. Siamo europei. Siamo efficienti.

L’insegnante, che passa la giornata a valutare rendimenti e a smontare manfrine, dà un occhio sommario e conclude: chi lavora davvero, qui, è solo il poligrafico che ha preso la commessa (“Axioma Iniziative e Servizi Editoriali Srl”). Duecento pagine in quadricromia. Cinque euro la copia, si dice in giro. Io direi anche meno, quattro, o tre: ma per quante copie? Un milione? L’agenda è arrivata anche ai precari: io, che ho due contratti in due scuole diverse, ho il diritto a due belle agende uguali (se mi avessero assunto avrebbero risparmiato almeno quei tre euro). In breve: uno spreco di denaro pubblico assurdo nel momento meno adatto. Una figuraccia orribile.

A questo punto della storia, di solito qualcuno fa due calcoli e manda il Consulente al paese che si merita, a rovinare altri gonzi. Non è il caso di Mrs Joy, che ha un contratto ancora per due anni e mezzo. Un incarico politico, anche se non l’ha votata nessuno. In un ruolo di alta responsabilità, anche se non ha mai dimostrato di esserne all’altezza. Un bell’esempio per l’impresa italiana, pubblica e privata.

(Ora qualcuno dirà che De Mauro faceva di peggio. Ma non è vero. E poi, se anche fosse?)

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