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mercoledì 10 marzo 2004

Dio ti ama!
(accettalo...)

Mi chiama al telefono Dio, mi chiede se ho impegni in serata.
"In effetti, ecco, è curioso, mi sono appena messo d'accordo con Simona, si pensava di andare al cinema… però potresti venire con noi, che ne dici? No, guarda, nessun imbarazzo. Sul serio… Beh, come vuoi".
Mi chiedono in tanti perché credo nel mio Dio. E' un tizio un po' out, lo so da me. Ma non mi posso lamentare. Dopotutto è un Dio che sa stare al suo posto e capisce immediatamente quando non è il caso di insistere. Al cinema con Simona volevo andarci da solo, è ovvio.
"Possiamo vederci comunque una di queste sere, se ti va…”, propongo, “venerdì per esempio hai degli impegni?" Questa è una domanda retorica, che impegni potrà mai avere Lui, quand'è questione di pecorelle smarrite? È da tanti anni che mi chiama (almeno una volta alla settimana), certamente venerdì andrà benissimo.

Per lui. Quanto a me, ho un bel da ripetermi che non è una storia importante, anzi non è nemmeno una storia, ci esco solo una sera e basta. Stimo molto il mio Dio, posso dire di esser fiero di lui, ma onestamente desidererei tanto che non ci provasse tutte le volte con me, che potesse finalmente considerarmi per quello che sono: un amico, soltanto un amico… ma non c'è niente da fare. Dicono gli adesivi sui parabrezza: Dio ti ama. Accettalo. Ma io so già come andrà a finire: gliela darò buca anche questo venerdì, sicuro che se ne starà per una buona ora e mezza ad aspettarmi al bar dell'angolo. Per poi richiamarmi domenica, puntuale. Dio mi ama, e non sa proprio cosa farsene, della mia semplice amicizia.

Guardo troppa televisione.
Stasera c’era questo programma di spiritualità, e intervistavano un sacco di gente: tutti raccontavano di aver incontrato il loro Dio in un momento di massima difficoltà. La ragazza grassottella parlava di una situazione famigliare disastrosa (percosse, divorzio, ricatti sull'affidamento, alimenti in ritardo); il tizio con la barba era rimasto maciullato durante una spedizione di trekking in alta quota; ma l'immagine di una vita intera in carrozzina non aveva fatto in tempo a profilarglisi che tac! era miracolosamente guarito, e potete star certi che il suo Dio ci aveva messo una buona parola. E il consulente finanziario che si era giocato tutti i risparmi dei suoi clienti su una roulette a Montecarlo, perdendoli: sulla strada del ritorno aveva visto Dio, si era pentito e fatto frate; anche i clienti lo avevano perdonato, figurarsi: Dio ci aveva messo una buona parola.

Io su queste cose non dovrei riderci sopra. Peggio per me se guardo troppa televisione, e sfogo così la mia noia per una vita facile.
Ma in fondo, quello che provo veramente è invidia. Invidia per il modo in cui tante persone – tutti, si direbbe – si incontrano con Dio. Sempre sul luogo del disastro. Sempre quando ormai non ti aspetti più aiuto da nessuno. Quando somatizzi, quanto ti soffochi masticando di rabbia un cuscino in un letto sporco e troppo grande, quando vedi pezzi di te tutt'attorno e non ti rispondono, quando hai fame, quando hai sete, quando hai sonno.

Ma dico, solo a me capita che Dio si faccia presente quell'ora al mese che sto bene, pulito, ben mangiato e ben dormito, senza sensi di colpa e con buone possibilità di concludere con Simona in serata? Solo a me?
(1998)

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