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lunedì 11 aprile 2011

Free Dolomizia Now!

La prima volta che senti parlare di Guardie Regionali pensi: Ok, ci siamo, è ricominciata la stagione delle puttanate leghiste, così presto? Dobbiamo fare il cambio armadi...

La seconda volta che ne senti parlare ti dici: Beh, in effetti stanno semplicemente cercando di creare posti di lavoro - un po' come i forestali in Calabria - è il nuovo assistenzialismo settentrionale. Non se ne farà niente, ma non è mal pensata.

La terza volta ci rifletti bene. Ehi, questi comandano in Regione e vogliono l'esercito. Ma per farne cosa? Per difendersi da chi? Ma dall'autonomismo provinciale, ovvio.



La Prima Guerra delle Dolomiti (H1T#70) si combatte sull'Unita.it e si commenta laggiù.

Il processo di disgregazione della Repubblica Italiana entra nella fase finale con la prima guerra dolomitica (2029-30). Da decenni, del resto, le Dolomiti erano considerate la “polveriera del Triveneto”: si trattava soltanto di capire quando e come il conflitto sarebbe scoppiato. Le prime rivendicazioni di autonomia sono addirittura precedenti all'istituzione della Guardia Regionale Veneta (poi Guardia Serenissima). Sin dal 2007 alcuni comuni, tra i quali Cortina d'Ampezzo, avevano indetto referendum per l'annessione al Trentino Alto Adige: data al 2010 la prima raccolta firme per il passaggio dell'intera provincia alla ricca regione confinante. Negli anni successivi la questione dolomitica si estremizza, mentre cresce nel governo centrale di Venezia la consapevolezza che anche un minimo cedimento territoriale avrebbe segnato la fine dell'entità regionale (erano del resto gli anni della sanguinosa guerra di Secessione Emiliano-romagnola). D'altro canto la politica di chiusura doganale e autarchia, portata avanti da Venezia nel tentativo di salvare la farraginosa industria del Nordest, frustrava la vocazione turistica del bellunese, che guardava con invidia alle autonomie delle regioni confinanti.

Fu un'ordinanza del Governatore Ivan Abu Galan a ufficializzare, verso la metà degli anni Venti, l'occupazione militare dell'intera area dolomitica, nel tentativo di sopprimere una guerriglia endemica e il fiorente mercato del contrabbando sui valichi. Galan, volendo evitare che gli effettivi della Serenissima Guardia simpatizzassero con gli abitanti, dislocò sul territorio i reparti della Legione X Rovigotta, oltre ai famigerati Incursori del Polesine, che si erano fatti le ossa durante il lungo conflitto emiliano-romagnolo, ma che si sarebbero rivelati del tutto inadeguati a fronteggiare una resistenza alpina. La guerriglia assunse anche connotati etnici: una buona parte della Legione X era infatti costituita da volontari slavi e nordafricani, che in cambio di un fermo di cinque anni ottenevano l'ambita cittadinanza veneta. Come ebbe a verificare molti anni più tardi una commissione d'inchiesta interregionale, questi legionari non si abbandonarono a furti e violenze sulla popolazione locale in misura maggiore dei legionari autoctoni: ciononostante il Movimento Autonomista Dolomitico (MAD) ebbe buon gioco a lanciare l'insurrezione “contro i nuovi Mori de Venezia che stuprano e rubano”. Il catastrofico autunno del 2029 fu decisivo: i legionari dovettero accantonare le mitragliette e imbracciare il badile, per far fronte alle piene assolutamente imprevedibili del Bacchiglione e del Brenta. Nel frattempo (dicembre del '29) Cortina d'Ampezzo si autoproclamava capitale della Nuova Repubblica Dolomitica: un mese dopo il MAD liberava Belluno. La nuova Repubblica fu immediatamente riconosciuta da Friuli, Romagna, Gallura e Valtellina, mentre forte era l'imbarazzo del parlamento di Bolzano, che aveva a lungo auspicato un'annessione pacifica di Belluno alla federazione del Grande Tirolo.

A quel punto Abu Galan chiese aiuto a Roma: quella di Cortina era infatti una vera e propria dichiarazione d'indipendenza, un affronto inaudito all'antica Costituzione del 1948. Ma Roma non avrebbe potuto aiutare gli unionisti veneti, nemmeno se avesse voluto: quello che restava dell'Esercito italiano, ormai soppiantato sul territorio dalle più dinamiche Guardie Regionali, era quasi del tutto impiegato oltremare in operazioni di peace-keeping. E comunque per accedere al Veneto l'esercito italiano avrebbe dovuto passare dal crinale tosco-emiliano, devastato dalla guerriglia del Fronte di Liberazione della Garfagnana (FroLiGarf) nonché dall'infinito conflitto tra Emilia Estense ed Emilia Lunense.

Probabilmente Abu Galan non arrivò a chiedere – come tuttora sostengono alcuni storici imperiali – il bombardamento aereo delle Dolomiti. In ogni caso il presidente della Repubblica Omar Caltagirone si limitò a deprecare solennemente gli avvenimenti e auspicare un intervento alla Nato (che aveva chiuso le sue basi venete dieci anni prima, per trasferirsi sui nuovi fronti 'caldi' dell'Europa Orientale e dell'Africa centrale). Quando la Nato confermò il suo sostanziale disinteresse per gli affari interni italiani, Abu Galan si risolse a chiedere aiuto all'Unione Europea. Benché l'Italia fosse uscita dall'Unione ormai da vent'anni, la UE manteneva forti interessi commerciali, soprattutto nella Valle padana, dove molte multinazionali, attirate dalla lira debole e dall'enorme serbatoio di manodopera sottopagata, avevano trasferito gli impianti produttivi. Verso la fine degli anni Venti tuttavia questa fase stava per concludersi: lo stato di guerriglia permanente allontanava gli investitori e manteneva bassi i consumi.

E tuttavia Bruxelles non sembrava considerare così urgente la questione dolomitica. Il rischio era sempre quello di ritrovarsi una massa di profughi ai valichi con l'Austria o la Slovenia. Furono le immagini delle stragi di Lamone e di Lavaredo a cambiare la percezione dell'opinione pubblica europea nei confronti di Abu Galan e del suo luogotenente, il famigerato Sharif Gentilini, contro i quali furono persino spiccati mandati di cattura internazionali. Ma anche i governanti dell'UE non avrebbe mai consentito il bombardamento di un patrimonio Unesco. Mentre comunque tra Bruxelles e Strasburgo se ne discuteva, una primavera precoce aveva riportato la Guardia Serenissima in quota: il venti febbraio la giunta del MAD aveva dovuto abbandonare Belluno in direzione Ponte delle Alpi; il dieci marzo cadeva Longarone; due settimane più tardi capitolava anche Pieve di Cadore, aprendo la strada verso Cortina. Fu a quel punto che quello che restava del MAD si risolse a un gesto che avrebbe cambiato per sempre la Storia europea, votando un solenne atto di sottomissione a Damir Ibrahimovic von Habsburg, presidente della Croazia, nonché titolare di quattro alberghi e un impianto sciistico nel bellunese. Lontano parente di una delle più antiche famiglie dell'aristocrazia europea, Ibrahimovic non esitò a intervenire per salvare le sue proprietà. Mentre la piccola flotta croata bloccava indisturbata i porti veneti (la Serenissima non aveva nessun tipo di marina militare), un contingente di “osservatori” sbarcava il primo aprile a Jesolo, facendosi strada senza colpo ferire fino a Mestre. Fu probabilmente la generosità di Ibrahimovic il segreto del suo rapido successo: invece di arrestare Abu Galan e consegnarlo al Tribunale dell'Aja, il Presidente croato riconobbe al governatore serenissimo l'autonomia sulla laguna veneta e su parte del territorio di Padova e Treviso. Il resto del Veneto, martoriato dalle imprevedibili alluvioni e dalla guerriglia autonomista, fu occupato dai croati, ai quali subentrarono ben presto gli legionari dell'ex Guardia Serenissima, riconvertita da Ibrahimovic von Habsburg in esercito privato. Quest'ultimo in effetti non intendeva annettere i territori veneti alla Croazia, quanto piuttosto creare un suo feudo personale sull'altra sponda dell'Adriatico. La gente era abbastanza stanca di guerre per le autonomie ed era disposta ad appoggiare qualsiasi signorotto garantisse una relativa serenità. I veneti accolsero quindi con entusiasmo le liberali concessioni di Ibrahimovic, che in cambio dell'atto di sottomissione concesse ai comuni più popolati il diritto di battere moneta, riscuotere tasse e gabelle e stabilire i guidrigildi.

Il suo disegno avrebbe preso forma più compiuta una trentina d'anni più tardi. A quel punto il figlio di Ibrahimovic, Mustapha II Habsburg, aveva già unito al titolo di Margravio delle Dolomiti le corone di Croazia e Montenegro, riunitesi con un plebiscito in una monarchia ereditaria. Fu Papa Giovanni Mohammed III, scacciato da Roma durante i moti indipendentisti ciociari, a chiedere il suo intervento nell'Italia centrale. Sconfitti i ribelli nella battaglia di Zagarolo, Mustapha fu ricompensato dal pontefice con quel titolo di Sacro Romano Imperatore, che – dopo duecentottant'anni – tornava finalmente alla casata Asburgo. L'Impero era risorto: il medioevo era finito. http://leonardo.blogspot.com

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