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venerdì 30 marzo 2018

Di Maio e Salvini: due populisti inconciliabili?

In seguito magari avremo il tempo per domandarci se un governo M5S-Lega sarebbe stato evitabile: se l’asse tra le due forze populiste non si sarebbe potuto in qualche modo scongiurare. Fin qui però l’impressione è quella opposta. Anche perché chi avrebbe ancora qualche carta in mano per evitare un accordo tra Salvini e Di Maio sembra deciso a non volerla giocare. Berlusconi e il Pd, in particolare, sembrano ormai rassegnati, se non sollevati, all’idea che i populisti e i sovranisti assumano il controllo delle operazioni. Il Pd li guarderà dalla sponda del fiume, mentre Berlusconi addirittura potrebbe appoggiarli.



Berlusconi, lo si è visto nei giorni delle elezioni dei presidenti di Camera e Senato, è un po’ troppo sfibrato per mettersi contro un’ondata che avanza. E poi lo conosciamo: a lui le ondate piace cavalcarle, e proverà a montare anche su questa. Finirà probabilmente disarcionato, ma è la sua natura. Per ora i tg Mediaset hanno smesso di soffiare sull’emergenza criminalità e l’emergenza invasione, un segno abbastanza eloquente. Quanto al Pd, non è proprio sull’Aventino, ma poco ci manca. La linea è ancora quella del segretario dimissionario, ovviamente riassunta in un hashtag: #ToccaALoro. Lasciamoli governare. Vediamo quello che combinano. Sottinteso: non riusciranno a combinare niente, e molto presto ci ricondurranno alle urne. Questo per ora sembra essere l’unico schema del Pd – è anche l’unico schema che preveda una sopravvivenza politica di Matteo Renzi. Ma sembra più il frutto di un’infantile fantasia di rivalsa che di una serena valutazione delle forze in campo. L’idea è che la miscela di Lega e M5S sia talmente instabile da deflagrare prima di trovare un suo equilibrio, come successe per esempio al primissimo Polo delle Libertà del 1994, quello che si spezzò nel giro di sei mesi, portando alla vittoria elettorale dell’Ulivo di Prodi, due anni dopo. Al Pd sembrano pensare che stavolta tutto esploderà anche prima. Eugenio Scalfari su l’Espresso ha aperto i dialoghi di Platone e ne ha tratto auspici favorevoli: facciamogli scrivere una legge elettorale (un’altra!), e poi via che si torna alle urne, anche a ottobre. C’è da dire che lo Scalfari divinatore non va sottovalutato, predisse anche la rielezione di Napolitano al Quirinale. Anche lui sembra convinto che il populismo sia un fenomeno passeggero, intrinsecamente instabile, che appena gli dai un po’ di corda si impicca. Ma alla prova dei fatti non è mai andata così... (continua su TheVision)

I leghisti sopravvivono ad alterne fortune da quasi trent’anni ormai, e il M5S è decisamente più solido di quel che sembrava a prima vista. I suoi avversari hanno sempre amato pensare che si sarebbe contentato di restare all’opposizione, e che non avrebbe retto alla prima prova dei fatti. Ma ci sono sindaci M5S che ormai stanno serenamente terminando il loro primo mandato, e che probabilmente saranno confermati. Anche quando entrano in rotta col Movimento (come Pizzarotti a Parma, o Marco Fabbri a Comacchio), gli elettori continuano a preferirli alle alternative di centrosinistra e centrodestra. A Livorno c’è ancora Filippo Nogarin, a Torino Chiara Appendino e a Roma è ormai chiaro che la giunta Raggi durerà più di quanto è durata la giunta Marino. Insomma malgrado incidenti di percorso anche gravi, il M5S non perde il sostegno dei suoi elettori nei municipi. Perché dovrebbe perderlo quando comincerà a occupare qualche ministero? Non è poi così difficile trovare ministri più simpatici di Pier Carlo Padoan o di Valeria Fedeli, e non devono essere per forza più capaci. Se saranno giovani e abbastanza telegenici gli elettori perdoneranno volentieri l’inesperienza.

C’è anche chi, pur riconoscendo la stabilità degli ingredienti Lega e M5S, ritiene che la miscela si riveli esplosiva. Benché condividano qualche battaglia e qualche parola d’ordine, Lega e Movimento hanno proposte inconciliabili (flat tax e reddito di cittadinanza), espressioni di classi in conflitto (il nord industriale umiliato dalla crisi, il centro-sud piagato dalla disoccupazione). Insomma non funzionerà, non durerà. Come si diceva una volta: le contraddizioni scoppieranno.

Da parte mia non dico che non sia prevedibile e persino auspicabile; e capisco anche chi, giocando al tavolo di Salvini e Di Maio, a questo punto ha una gran voglia di scoprire il bluff. Ma questo non è un normale giro di poker, è la politica italiana: un gioco alquanto più subdolo in cui le contraddizioni tendono a non scoppiare mai, anzi. Il Pd era liberista e socialdemocratico, Berlusconi era miliardario e populista, la Balena Bianca di Moro e Andreotti era conservatrice e (moderatamente) progressista, Mussolini era nazionalista e socialista, e così via. Potremmo risalire fino a Cavour, fino ai Gracchi forse, dappertutto contraddizioni che invece di scoppiare si ingrossano fino a schiacciare gli avversari. Lega e M5S sono le due facce, solo in apparenza inconciliabili, di un unico movimento, che assume diverse incarnazioni in tutta Europa e in Nord America, e che per comodità chiamiamo populismo – la parola più giusta potrebbe essere “sovranismo”. Da Trump a Orban lo schema è simile e prevede l’arroccamento nei propri confini geografici e psicologici, insieme con l’individuazione di un nemico che minaccia la nostra integrità e ci impedisce di essere grandi come nei bei tempi andati. Make America Great Again, grida Trump; l’Italia torni a essere la prima potenza europea, echeggia Salvini senza preoccuparsi troppo del senso del ridicolo. Di solito, però, il nemico individuato è sia esterno che interno: i nemici della grande America di Trump non sono soltanto la Cina e l’Iran ma anche i democratici che hanno stretto con Cina e Iran patti vergognosi.

Anche in Italia i populisti hanno proceduto da tempo all’individuazione del nemico: ma il nostro caso è particolare perché invece di coagularsi intorno a un solo polo, come negli Usa e altrove, c’è stato un curioso sdoppiamento. Da una parte un populismo endogeno, che si è raccolto intorno al M5S e cerca i nemici del popolo esclusivamente al suo interno, identificandoli nella Ca$ta dei politici corrotti e collusi. Dall’altra un populismo esogeno che ha occhi solo per le minacce esterne, vere o presunte (l’Euro, la tecnocrazia di Bruxelles, Soros, Bilderberg); i suoi ispiratori per un po’ hanno pascolato anche nei territori grillini, ma ormai sono stati quasi del tutto reclamati dalla Lega di Salvini. Così succede che nei momenti più propizi per dare addosso agli immigrati, gli uomini di Grillo si sottraggono mostrando spesso il lato più umano (votarono per depenalizzare la clandestinità); viceversa ogni volta che si scoperchia qualche scandalo romano, i leghisti si dimostrano molto meno arrabbiati, molto più garantisti dei grillini – in fondo in trent’anni almeno una tangente l’hanno presa anche loro.

Messi insieme, Grillo e Salvini produrrebbero il populista perfetto: sarebbe davvero una gran fortuna se si rivelassero inconciliabili. Ma è più facile immaginare che siano complementari, e che lo sdoppiamento tra populisti endogeni ed esogeni sia stato causato, piuttosto, dall’altra grande anomalia italiana, Berlusconi. Quel che ha allontanato fin qui leghisti e grillini, infatti, non è un destino ineluttabile, ma la figura dell’ex capo supremo del centrodestra italiano: sostenuta dai primi, invisa ai secondi. E ora che Berlusconi tramonta, c’è il grosso rischio che i populismi apparentemente inconciliabili di Salvini e Di Maio si svelino complementari. Un pericolo che gli avversari dovrebbero sventare a ogni costo. Ammesso che ci siano avversari, ormai.

4 commenti:

  1. personalmente ho abbastanza timore che finiscano per capirsi fin troppo bene e - di conseguenza - finiscano per fare danni alla democrazia (io diffido sempre di chi ha soluzioni semplici per problemi complessi)
    la cosa che mi consola è che in italia si vota sempre, continuamente e per quanto si sia bravi a raccontare storie la matematica vince sempre.
    quindi i primi 2-3 anni passeranno a dare la colpa a chi ha governato negli ultimi vent'anni (o 30 o quaranta o settanta) poi inizieremo a vedere i frutti (qualunque essi siano)
    pensa te che io rimprovero (diciamo così) al m5strilli l'ascesa di renzi nel piddì, quindi non avrò nessun problema a rimproverare al piddì di aver gestito male questa fase o a dire che m'ero sbajato: era meglio se er piddì sosteneva un governo di maio così non si faceva un governo lega-m5strilli o (sarebbe bellissimo) centrodestra-m5strilli
    'spe, mi spiego: sono curiosissimo di vedere come cambierà la narrazione del m5strilli in una di queste possibilità, parlo proprio da un punto di vista narrativo, di come riscriveranno la storia
    no, non quella futura, quella passata

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    1. Marcello, come siamo caduti in basso e come stiamo scavando....
      Ora i nostri "capoccioni" dopo aver straperso le elezioni e per far finta di rendersi disponibili al dialogo (per non risultare troppo impopolari) partoriscono la seguente genialata "ok al dialogo ma no di maio premier"
      Io credo che all'asilo Mariuccia, da parte dei bimbi, ci sia maggiore serietà e maggior senso di responsabilità...

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  2. indubbiamente qualcuno nel piddì dovrebbe andare a lezione di comunicazione
    a me non è piaciuto cheabbiano rifiutato di incontrare i m5strillini prima delle consultazioni del presidente... mah!
    il fatto di usare aperture e chiusure ai m5strilli come strumento di lotta interna mi fa incazzare assai. sì, naturalmente mi fa incazzare anche veder utilizzare - da parte dei m5strilli - il piddì come argomento per alzare il prezzo di un eventuiale accordo con la lega.
    oh, per carità: niente di nuovo, però speravo che nel 2018 si fossero persi 'sti mezzucci da pentapartito.
    nel gio di pochi anni tutta la presunta trasparenza è diventata sicura opacità: telefonate riservate, incontri a porte chiuse...
    speravo che - nel corso degli anni - il piddì perdesse almeno alcune delle cattive abitudini non che gli altri ne acquistassero di nuove: andrà a finire che il piddì non farà più delle primarie con qualche milione di stronzi (me compreso) in coda per votare, ma finirà per far votare on line 40 o 50.000 persone
    ma fortunatamente la faccia come il culo (per usare un'espressione idiomatica) non è un'esclusiva italiana: leggere che erdoğan dà del criminale a netanyahu non ha prezzo

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  3. oh, leona' l'articolo letto da silvia bencivelli ci guadagna. l'avevo letto, ma così m'è sembrato perfino meglio
    poi oh, sto a lascia' un commento sul blog fi uno dei blogger più famosi d'italia... so' soddisfazioni (oltretutto pare che il telefono abbia deciso di collaborare)

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